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Il volume raccoglie una serie di lettere inedite e alcune comparse sul “Corriere della Sera”. Con queste corrispondenze – da Kabul, Peshawar, Quetta, ma anche da Orsigna, Firenze, Delhi e dal suo rifugio sull’Himalaya – Tiziano Terzani comincia un pellegrinaggio di pace tra Oriente e Occidente. Secondo l’autore infatti “non basta comprendere il dramma del mondo musulmano nel suo confronto con la modernità, il ruolo dell’Islam come ideologia antiglobalizzazione, la necessità da parte dell’Occidente di evitare una guerra di religione”, bisogna soprattutto capire, convincersi, credere che l’unica via d’uscita possibile dall’odio, dalla discriminazione, dal dolore è la non-violenza.

Una lettura sempre attuale, probabilmente eterna nella sua attualità. La conflittualità dell’uomo, la sua prevaricazione sull’altro che non avrà mai fine. In questo testo ci viene presentato il pensiero dell’altro. Ci si trova a dove mettere le scarpe altrui e in qualche modo camminarci dentro. La verità non sta mai solo da una parte, le ragioni valide ci sono anche nella parte che pensiamo avversa. Ad ogni azione corrisponde una reazione. Tiziano ci porta a viaggiare in Afghanistan con le sue riflessioni e osservazioni. Un’interessante apertura mentale, che ci fornisce una prospettiva differente dove volgere lo sguardo. Ne esce. L’incontro e le testimonianze delle persone del popolo, con i talebani stessi, danno un’idea e una descrizione della situazione geopolitica che ormai si è incancrenita nella regione. Il nostro voler omologare l’occidentalità a tutti i costi, l’esasperazione dei bombardamenti continui, tradizioni e costumi differenti, visti e vissuti in una prospettiva diversa. Un ivito univoco a considerare anche il punto di vista dell’altro che si trova a doversi confrontare, forzatamente con i valori e i disvalori dell’occidente.

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“se vogliamo capire il mondo, lo dobbiamo vedere nel suo insieme e non solo dal nostro punto di vista”

Tiziano Terzani